Le acque del sacro fiume Almone, che provengono dalla Caffarella, passano sotto la via Appia Antica accanto alla ex Cartiera Latina, che fino all'ultima guerra utilizzava l'acqua per l'attività industriale, e quindi vengono convogliate nel collettore diretto al depuratore di Roma-Sud (mentre prima si gettavano nel Tevere all'incirca all'altezza del Gazometro). Il fossato, oltre che costituire una naturale difesa della città, era anche uno dei confini sacri della Roma primitiva.
Il fiume Almone all'interno della Caffarella (autore: Claudio Cuneo)
Come tutti i fiumi, le sorgenti e le manifestazioni naturali, anche il fiume veniva identificato dagli antichi Romani con uno spirito divino, in questo caso con il dio Almone, che dava acqua o siccità a suo piacimento. Tra l'altro il fiume Almone era protagonista di un importante culto di origine orientale, la "Lavatio Matris Deum", che si svolgeva il 27 marzo di ogni anno proprio dove le acque sfociano nel Tevere: dal tempio sul Palatino, una solenne processione portava la pietra sacra alla Magna Mater (la dea Cibele) fino all'Ostiense, e lì si purificavano l'immagine e gli arnesi del culto nell'acqua dell'Almone. L'importante cerimonia durò fino al 389 d.C., anno in cui fu abolita per incompatibilità con la religione cristiana.
Almone è una divinità minore della mitologia romana, ed è ricordato nell'Eneide come il primo eroe indigeno morto nella guerra tra i Troiani ed i Latini; tuttavia la connessione del fiume Almone con il culto della Magna Mater avvenne per un motivo apparentemente estraneo.
Il culto della Magna Mater ebbe infatti origine al tempo della II guerra punica, quando i Romani, terrorizzati dalle scorrerie di Annibale, trovarono una profezia nei Libri Sibillini secondo la quale: "Se un nemico straniero avrà portato la guerra in Italia, sarà cacciato e vinto solo se la Magna Mater (cioè Grande Madre) sarà trasportata da Pessinunte a Roma".
Immediatamente i Romani inviarono una missione a Pessinunte (in Turchia), nel regno di re Attalo, alleato dei Romani e ad essi legato dalla leggenda delle comuni origini troiane (oltreché da coincidenti disegni politici contro la lega fra Annibale e Filippo il Macedone).
Così, dal grande tempio della Magna Mater gli ambasciatori riportarono a Roma una pietra sacra (forse un meteorite) da collocare nel tempio costruito appositamente sul Palatino.
Tuttavia (così narra la leggenda) la nave che trasportava la pietra, appena giunta alla confluenza del Tevere con l'Almone, si incagliò, e solo dopo un grande rito di purificazione fu possibile farle riprendere la navigazione; da allora ogni anno fu ripetuta la cerimonia lustrale.
Tra gli storici è ancora dibattuto come un culto così lontano possa essere stato introdotto proprio al centro della città; il motivo dovrebbe essere la venerazione tributata alla Magna Mater nella città di Troia, il che avrebbe reso la divinità non straniera, in quanto appartenuta agli stessi fondatori di Roma.
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